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Immagine del redattoreIsaia Silvano | Daelar Animation

Belladonna of Sadness: il messaggio degli Animerama

Il progetto Animerama nasce negli anni '60 dalla mente di Osamu Tezuka. Visto il successo internazionale dell'anime Astro Boy (1963/1964), la Mushi Production, studio d'animazione di Tezuka, vuole mettere in gioco ogni sua risorsa per realizzare tre lungometraggi di animazione adulta appartenenti alla corrente dei cosiddetti pink films. Tale trilogia viene affidata al regista Eiichi Yamamoto (Astro Boy, Kimba Il Leone Bianco, Space Battleship Yamato, Odin) che, proprio grazie alla terza opera del progetto, Belladonna of Sadness, ancora oggi viene considerato uno degli artisti giapponesi più importanti della storia del cinema d'animazione. Belladonna of Sadness è l'unico film del progetto Animerama a non essere scritto dal "dio del manga". La pellicola, nonostante la presentazione al 23° Festival del Film Internazionale di Berlino, si rivela un flop clamoroso e contribuirà in maniera considerevole al fallimento dello studio d'animazione di Tezuka. La storia, libera rivisitazione del saggio La Sorcière (1862) di Jules Michelot, è ambientata in un Medioevo cupo e violento nel quale non esistono giustizia e perdono e dove la perdizione viene considerata sinonimo di stregoneria. Jeanne è una donna giovane, bellissima e sensuale, sinceramente innamorata di un umile commerciante di nome Jean. I due amanti si sposano e vivono la cerimonia in serenità, tuttavia, durante la prima notte dopo le nozze, la ragazza subisce un sadico e terribile ius primae noctis da parte del feudatario locale e dei suoi cortigiani.



Belladonna of Sadness | Daelar Animation
© Mushi Production


Per Jeanne comincia così un incubo dal quale si potrà risvegliare solamente invocando la parte più segreta di sé. Il diavolo fa così la sua comparsa, cercando di ammaliare l'animo fragile della donna che, in un primo momento, decide di dedicargli solamente il suo corpo, così da preservare il proprio spirito devoto a Dio. Dopo l'avvento del demone, i due sposi sembrano essere tornati a sorridere: gli affari vanno sempre meglio, Jeanne diventa una donna potente che veste i nobili e Jean viene chiamato dal re in persona che, dovendosi assentare dal palazzo per una campagna di guerra, proclama il ragazzo capo esattore del paese. La coppia, tuttavia, non vive in armonia. Nel popolo cresce giorno dopo giorno un sentimento di invidia sempre più accecante e i due sposi, dunque, vengono esclusi e isolati dalla vita sociale sia al villaggio che alla corte. Jean è perennemente ubriaco e picchia Jeanne che, invece, impassibile rinnova continuamente l'amore verso il proprio "strumento contro la solitudine" (come il diavolo definisce il marito). Quando il re torna dalla guerra, la reggente del trono e il popolo aizzano una rivolta verso la ragazza, macchiandola del crimine di stregoneria perché diventata ricca in troppo poco tempo. Jeanne, dunque, ancora una volta perde tutto ciò che si era costruita con tanti sacrifici. Viene infatti denudata, derisa, picchiata e ferita. Jean, per paura di una reazione delle guardie, non apre le porte di casa alla moglie, che alla fine della rivolta e in fin di vita fugge disperata verso le lande desolate al di là del regno, dove né i cittadini né i soldati possono raggiungerla.



Belladonna of Sadness | Daelar Animation
© Mushi Production


Qui Jeanne decide di non opporsi più alle lusinghe del diavolo. Ormai rassegnata e priva di un'identità, di un posto dove andare o in cui tornare, di un destino che non sia la morte imminente, la protagonista rompe il patto con Dio e dedica la sua anima al demonio, il quale, in preda all'estasi, si immette nel suo corpo segnato e avvenente creando così lo pseudonimo di belladonna che altro non è che la vera essenza risvegliata della ragazza. Il termine belladonna allude al nome comune di una pianta dalle bacche e dalle foglie altamente tossiche, le quali possono essere usate come veleno letale o come sostanza psicotropa dagli effetti allucinogeni. Ciò implica, dunque, qualcosa di estremamente pericoloso ma, al contempo, seducente, delizioso, ammaliante. La protagonista, ora sicura e dagli atteggiamenti provocanti, torna al villaggio - intanto decimato dalla peste bubbonica - invitando tutto il popolo a godere delle sue pozioni e delle sue stregonerie. Jeanne regala a chi viene al suo cospetto cure per la pestilenza, visioni di parenti defunti, elisir d'amore, piaceri sessuali e droghe dal dolce profumo. Tutto il regno comincia ad adorarla, a richiedere il suo aiuto, a invocare la sua pietà per le efferate azioni commesse in passato. Il re, spinto dalla nobiltà e servendosi di Jean per convincerla, richiede la sua presenza a palazzo. Il sovrano cerca così di piegare la protagonista a diventare sua diretta suddita, promettendole ricchezza e tranquillità. Jeanne, tuttavia, respinge tali offerte.



Belladonna of Sadness | Daelar Animation
© Mushi Production


Il re, all'opposizione della donna, si infuria e decide di metterla al rogo. Jean e il popolo cercano di attaccare la corte, tuttavia vengono in breve tempo brutalmente trucidati o comunque messi a tacere. Si conclude in questo modo l'epilogo del film, mentre il quadro La Libertà che Guida Il Popolo (1830) di Eugene Delacroix chiude definitivamente il minutaggio dell'opera.


Belladonna of Sadness rappresenta, in prima istanza, un inno all'emancipazione femminile. Lo si intende dal nome della protagonista, suggerimento a Jeanne D'Arc, la Pulzella d'Orleans che, a capo dell'esercito, guidò nel 1428 i francesi contro le truppe inglesi, da questi ultimi poi messa al rogo perché considerata eretica e successivamente beatificata e resa storicamente canonica dalla Chiesa cattolica. Inoltre, prima della comparsa del celeberrimo dipinto di Delacroix durante il finale, le sequenze finali dell'opera lanciano un importante messaggio di rivolta verso le istituzioni e di vero e proprio riscatto dato che il film esce esattamente nel periodo in cui, nel 1973, il Movimento di Liberazione Femminile giapponese si trova in pieno fermento e, per la prima volta, migliaia di donne marciano per le strade di Tokyo assieme agli uomini durante le manifestazioni. Tecnicamente, il lungometraggio trae ispirazione dai film indipendenti di Yoji Kuri, dall'arte figurativa del Secessionismo viennese, de La Belle Epoque e dell'Art Noveau.



Belladonna of Sadness | Daelar Animation
© Mushi Production


L'erotismo e la violenza sono inscenate in metamorfosi geometriche e cromatiche, in un rocambolesco concerto psichedelico rappresentante delle pulsioni sia umane, sia demoniache (da daimon: socratica guida divina, essenza dell'anima, coscienza morale) che prova la protagonista mentre raggiunge gli orgasmi.


Nella messinscena concorrono tavole dai forti connotati ripresi da Gustav Klimt, dai tarocchi del XV secolo, dalle illustrazioni di Harry Clarke e di Aubrey Beardsley [1]. La colonna sonora del film aumenta esponenzialmente la volontà dell'opera di porsi come spettro fuori tempo del proprio periodo storico, un Medioevo violento come lo sono i primi anni '70 in Giappone, vissuti dal popolo sia come anni di fuoco, sia come momenti di perdita d'integrità nazionale, quest'ultima soffocata dal colonialismo statunitense post-Seconda guerra mondiale. Lo psy-rock presente in Belladonna of Sadness, infatti, enfatizza i dipinti che costituiscono l'opera e accompagna le vicissitudini di Jeanne attraverso creative cerimonie alla Jefferson Airplane e interessanti coesioni e fusioni tra il rock e il jazz. La musica in questione viene espressa in pieno stile west coast, da Seattle a Los Angeles, luoghi dove il genere psychedelia si era sviluppato tra il 1961 e il 1966 a partire dalle radiofoniche composizioni beat dei Beach Boys e dagli sfrenati virtuosismi chitarristici di Dick Dale & the Deltones.



Belladonna of Sadness | Daelar Animation
© Mushi Production


Pianoforte e ottoni, tuttavia, sono gli strumenti predominanti nell'opera e struttura portante di intere atmosfere allucinogene, quasi richiamando rituali afro-jazz alla Sun Ra. Belladonna of Sadness, in definitiva, è un film che definisce l'animazione adulta giapponese in tutta la sua elegante magnificenza. Mentre negli USA, più o meno nello stesso periodo, nasce il cinema animato x-rated con Fritz the Cat (1972), lungometraggio dissacrante, acido, ripugnante, eccessivo e caricaturale, in Giappone questo target si sviluppa in modo decisamente più ricercato e forbito, dalle opere di Yoji Kuri al progetto Animerama. La direzione artistica supervisionata da Yamamoto e da un ancora giovane ma esperto professionista come Gisaburo Sugii, una delle promesse scoperte nel 1956 in seguito al bando istituito dalla allora neo-nata Toei Doga, viene accolta timidamente sia in Giappone, sia in Occidente. In Italia, per esempio, la critica del tempo risponde in maniera curiosamente entusiasta ma priva di ogni reale interesse [2], e così risulta anche il parere degli spettatori, di sicuro non abituati a osservare figure allegoriche, un'estetica d'avanguardia, un contesto e una visione erotici ma intellettualmente attenti a non sembrare mai volgari. Il film, dunque, non risulta tanto un flop sul lato produttivo, benché non riesca a guadagnare nemmeno i soldi investiti nella sua realizzazione, ma piuttosto si rivela al mondo come un'operazione d'élite fallita nell'intento di poter essere compresa dal pubblico generalista.


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