La Walt Disney Pictures, dopo il suo "rinascimento" (1989/2000), entra in un periodo di intensa sperimentazione nel quale cerca di restare al passo con altre fiorenti case di produzione statunitensi come i Pixar Animation Studios e la Dreamworks Animation, aziende che nella seconda metà degli anni '90 riescono a dare una voce inedita e talvolta adulta all'animazione cinematografica di massa. L'era della sperimentazione disneyana comincia con Dinosauri (2000), film d'animazione in tecnica mista creato con personaggi animati in CGI e con sfondi registrati dal vivo. Il lungometraggio racconta il viaggio di un gruppo di erbivori che deve sfuggire a una catastrofe naturale e raggiungere i Terreni di Cova, una terra priva di predatori dove poter vivere in armonia. La trama è molto lineare, ricorda fin troppo Alla Ricerca della Valle Incantata (1988) di Don Bluth, e i personaggi risultano piatti, a volte inespressivi e non riescono a sviluppare il film in maniera sufficientemente accattivante. Le uniche caratteristiche interessanti di Dinosauri sono gli effetti speciali, all'avanguardia per l'epoca, la violenza espressa nel racconto e i concetti della legge del più forte e dello spirito di sopravvivenza applicati all'intreccio in diverse occasioni. Fortunatamente, la Disney si riprende subito artisticamente con Le Follie dell'Imperatore, uscito nello stesso anno, un film che racconta in modo demenziale il cambiamento di un imperatore Incas dopo essere stato trasformato accidentalmente in un lama.
Si tratta di uno dei classici a cui il pubblico mondiale è più affezionato e, ancora oggi, continua a vivere nelle memorie comuni grazie alle sue stravaganti gags e battute, diventate ormai iconiche e praticamente di culto. Nel 2001 esce Atlantis: L'impero Perduto, lungometraggio incentrato su un gruppo di esploratori alla ricerca della mitica città di Atlantide. Sebbene lo stile spigoloso si differenzi da quello dei vecchi classici e benché, in parte, il film ricordi in modo importante la serie animata Nadia e Il Mistero della Pietra Azzurra (1990/1991) di Hideaki Anno e Shinji Higuchi, la pellicola è sicuramente da elogiare per la tenacia e per lo spirito misterioso - inedito in casa Disney - espressi da una trama molto legata alla fantascienza avveniristica di Jules Verne. Nel 2002 escono i candidati agli Academy Awards Lilo & Stitch e Il Pianeta del Tesoro, due tra i classici più sottovalutati della casa di produzione. Lilo & Stitch narra la storia d'amicizia tra una bambina orfana che tutti i giorni deve combattere contro la solitudine e il rischio di essere separata per sempre dalla sorella maggiore e un alieno considerato non adatto a vivere tra i propri simili perché diverso e troppo malvagio. Nonostante la trama possa apparire abbastanza assurda, il film si dimostra molto più profondo di quel che sembra; riesce, infatti, ad affrontare la tematica della diversità e dell'accettazione del prossimo in un modo straordinariamente non retorico.
Il rapporto tra Lilo e la sorella maggiore Nani, che si impegna nel ricoprire anche il ruolo di genitore, rappresenta inoltre uno dei più sottovalutati ma allo stesso tempo commoventi e complessi legami tra personaggi principali di tutta la filmografia disneyana. Ne Il Pianeta del Tesoro, la Disney invece riesce a creare una folgorante trasposizione steampunk del romanzo L'Isola del Tesoro (1883) di Robert Louis Stevenson, integrando abbondantemente la CGI nell'animazione tradizionale. Il viaggio del giovane Jim Hackins diventa quindi un'avventura nello spazio, un viaggio attraverso i pianeti alla ricerca di un tesoro perduto. Il film è uno dei più meritevoli della Disney ma, purtroppo, nel 2002 riceve una scarsa pubblicità e un ancora peggiore risultato economico al botteghino, risultando dunque uno dei flop più sconcertanti dello studio. La Disney, tuttavia, non si arrende dal mettere in scena sceneggiature impattanti e nel 2003 pubblica Koda Fratello Orso, storia della crescita spirituale di un giovane cacciatore che viene trasformato in un orso per espiare un grande peccato da lui commesso. L'animazione digitale, ormai ampiamente di moda, non fa decollare nemmeno questo classico, film "in 2D" abbastanza criticato nell'anno di uscita perché ritenuto tecnicamente non al passo con i tempi. Per cercare di ricucire un pubblico ormai confuso dallo stile narrativo eterogeneo adottato dalla casa di produzione, nel 2004 viene distribuito Mucche alla Riscossa, per diversi anni - fino al 2009 - l'ultimo classico degli studios realizzato in animazione tradizionale.
La Disney ritorna al genere demenziale per attirare più fasce di spettatori, sperando così di recuperare i soldi persi con Atlantis, con Il Pianeta del Tesoro e con Koda Fratello Orso. Il lungometraggio, ambientato nel far west, narra di tre mucche da latte che per salvare la loro fattoria dallo sfratto devono catturare un pericoloso ladro di bestiame. Il racconto si svolge attraverso gags surreali e alle volte fin troppo sciocche. Il lungometraggio risulta dunque molto godibile ma complessivamente forzato a causa della demenzialità bambinesca, forse il più delle volte troppo presente, e dell'assurdità - nonostante l'ottima idea di proporre una banca come vero villain - della trama. Anche Mucche alla Riscossa non riscuote il successo sperato e quindi, nel 2005, la Disney realizza finalmente il suo primo film in CGI, Chicken Little, lungometraggio deludente ispirato alla fiaba Henny Penny. Nel 2007, invece, lo studio pubblica I Robinson: Una Famiglia Spaziale, film nel quale la casa di Topolino prova a creare una buona animazione in CGI raccontando la storia di Louis, un orfano che sogna di trovare la madre e che perciò decide di tornare indietro nel tempo. Al posto di viaggiare nel passato, tuttavia, il ragazzo si ritrova improvvisamente nel futuro e finisce per conoscere una famiglia bizzarra e fuori dal comune. Il lungometraggio, basando la propria sceneggiatura sull'espediente spinoso e sempre piuttosto arduo da gestire dei viaggi nel tempo, risulta sviluppato con diversi buchi di trama, un vero peccato date le morali forti e significative di quella che poteva essere un'opera per famiglie abbastanza inusuale e originale.
Il 2008 è l'anno di Bolt: Un Eroe a Quattro Zampe, film che espone un racconto scarno su un cane che crede di avere dei super poteri. Per un errore, Bolt si ritrova a New York, lontano da Penny, l’unico personaggio che gli vuole davvero bene, e con l'aiuto di un criceto e di un gatto intraprende un lungo viaggio per ritornare alla propria casa. La storia, in gran parte ispirata a The Truman Show (1998) di Peter Weir, gode di un potenziale interessante, un'idea di base sfruttata male che tuttavia rappresenta anche l'unico elemento positivo del film insieme alle proprie scene d'azione iniziali. Sebbene, infatti, la trama risulti lineare e concepita in modo intelligente, Bolt è un lungometraggio vuoto dove gli eventi accadono senza una dovuta logica o spiegazione, nel quale l'ambientazione è inesistente e, in generale, in cui manca un'identità precisa, motivo per cui, dopo una prima visione, il film si presenta del tutto dimenticabile. I personaggi risultano caratterizzati con comportamenti irritanti e senza alcuna evoluzione. Il film, dunque, non racconta tanto una storia ma si rivela solo un ottimo mezzo tramite il quale poter esibire al cinema dei buoni effetti speciali. Tale anonimato artistico fa entrare di diritto Bolt tra i peggiori Classici Disney mai realizzati e rende il lungometraggio d'animazione assolutamente cancellabile dalla filmografia degli studios. L’anno successivo, nel 2009, la casa di Topolino tenta di ritornare all'animazione tradizionale senza cadere in un altro flop, proponendo quindi una fiaba tradizionale raccontata e inscenata in chiave moderna: La Principessa e Il Ranocchio.
Il film è ambientato nella New Orleans dei primi del Novecento, luogo nel quale una ragazza, Tiana, sogna di aprire un proprio ristorante. Per riuscirci, tuttavia, la giovane afroamericana deve fare i conti con una società maschilista e razzista finché l'incontro con un principe, trasformato in un ranocchio, cambia per sempre - e in meglio - la sua vita. Nonostante siano presenti alcune idee "riscaldate" dai Classici Disney "rinascimentali", La Principessa e Il Ranocchio risulta un film piacevole e spassoso, realizzato con uno stile interessante, accompagnato da una colonna sonora affascinante e sviluppato attraverso vicissitudini di una protagonista che riesce a dare giustizia sia all'emancipazione, sia al pensiero femminista senza cadere in alcuna strategia politica/retorica latente. Tale constatazione ovviamente non vuole togliere nulla alle eroine dei classici precedenti. Il periodo sperimentale della Disney, infine, si chiude nel 2010 con Rapunzel: L'Intreccio della Torre, lungometraggio ispirato alla fiaba di Raperonzolo (1812) ma sapientemente modernizzato dal tradizionalismo folkloristico del racconto originale. La CGI adottata dagli studios risulta sensibilmente migliorata rispetto a quella di Chicken Little e de I Robinson e, anche grazie alle sue componenti più tecniche, il film risulta una delle ultime opere animate degne di nota della Disney. Rapunzel, infatti, gode di momenti sia genuinamente divertenti, sia evocativi e drammatici e presenta una storia perfetta per tutte le età e con diversi gradi di interpretazione della trama.
Focus On: Chicken Little
Chicken Little: Amici per Le Penne, 46° Classico Disney, rappresenta un traguardo storico per la casa di produzione. Esso, infatti, è il primo film d'animazione disneyano realizzato interamente in computer grafica, un evento importantissimo per uno studio che prima del 2005 aveva sempre utilizzato la tecnica tradizionale per creare le proprie opere, tuttavia senza rinunciare, dagli '80 in poi, a qualche esperimento in CGI per animare gli effetti speciali di certi lungometraggi. Chicken Little, che inizialmente doveva essere intitolato in italiano Nino Pulcino e La Banda Salva Mondo, è il remake di un cortometraggio della Walt Disney Productions del 1943 intitolato Questione di Psicologia, opera breve che si ispira a sua volta a una fiaba anglosassone: Henny Penny. Il racconto originale narra la sfortunata storia di un pulcino che, convinto che il cielo stia per crollare sulla Terra, avverte il pollaio di una imminente fine del mondo, mandando dunque nel panico tutti i suoi conoscenti. Il Chicken Little del 2005 propone un'ambientazione diversa dal contesto originario, un'immaginaria cittadina abitata da animali antropomorfi. Tale idea riprende il film Robin Hood (1973) di Wolfgang Reitherman, classico nel quale degli animali antropomorfi vivono nell'Inghilterra medievale, e inoltre verrà riproposta in Zootropolis nel 2016.
Se dal lato più tecnico il film segna, come già espresso, una svolta epocale nella storia dell'animazione disneyana, riguardo ogni altro suo elemento, sia narrativo che di messa in scena, il lungometraggio risulta un totale fallimento e perciò, invece di entrare nell'olimpo dell'animazione in CGI come era accaduto con Toy Story nel 1995, a metà anni Duemila esso si fa spazio tra i bassifondi del cinema animato occidentale.
Trama e analisi del primo tempo
Il film si apre con una sequenza bizzarra per i canoni disneyani. Il protagonista, Chicken Little, suona la campana della sua città e manda nel panico tutti gli abitanti con un allarme assurdo: il cielo è sul punto di crollare. Nessuno crede al pulcino, nemmeno suo padre, e in poco tempo il protagonista diventa quindi il reietto della città. Chicken Little comincia infatti ad essere tormentato dai bulli, gli adulti lo umiliano e il padre non lo sostiene e, anzi, si rivela il primo personaggio negativo del film, tenendosi a distanza dal figlio e dandogli dei pessimi consigli come, per esempio, non farsi notare, non rispondere alle aggressioni e rimanere sempre passivo e con la testa bassa. Il povero pulcino può contare soltanto sui suoi unici tre amici - Alba Papera, Aldino Cotechino e Pesce - ma, a parte qualche piccolo sostegno morale, essi non bastano per difenderlo dalla prepotente Tina o dal perfido mondo "dei grandi".
Nonostante tutto, il protagonista non si dà per vinto e decide di riscattarsi entrando in una squadra di baseball, sport molto amato nella sua città. Grazie al pulcino, il suo team vince una partita importante e, di conseguenza, Chicken Little riacquista il rispetto del padre e degli abitanti, sia adulti che bambini, del paese.
Il film, diretto Mark Dindal (Le Follie dell'Imperatore), crea prima della propria uscita delle aspettative importanti dato il calibro dell'artista disneyano responsabile e regista dell'opera. Dindal, inoltre, ha nella propria filmografia anche Cats Don't Dance (1997), commedia incentrata su animali antropomorfi, a lungo sfruttati dagli esseri umani, in cerca di rivalsa nel mondo dello spettacolo. Chicken Little, tuttavia, sin dai primi minuti di visione non riesce a trovare un giusto equilibrio stilistico e, soprattutto, non riesce a convincere e a porsi come film interessante. Se Le Follie dell'Imperatore gode di un spirito comico non originale ma ben scritto, questo nuovo classico Disney basa il proprio umorismo su cliché e tempi comici talvolta del tutto sbagliati ed espressi da pessimi personaggi stereotipati. Inoltre, le citazioni musicali ad altri film e l'inserimento di canzoni famose nel racconto possono risultare sì piacevoli e far sorridere un adulto, ma di sicuro non si interfacciano in alcun modo a un pubblico infantile o giovane.
Tecnicamente, la CGI con la quale viene realizzato il lungometraggio si presenta invecchiata molto male, mancano infatti dettagli grafici e il rendering delle animazioni, datate 2005, non ha niente a che vedere con la qualità della computer grafica, per esempio, dei Pixar Animation Studios. La regia di Dindal sbanda più volte, come per esempio nelle inquadrature in cui alcuni personaggi, che inizialmente si trovano in un determinato punto, successivamente si rivelano inspiegabilmente da tutt'altra parte. Tale poca professionalità sia nell'animazione, sia nella supervisione dell'opera è ingiustificabile in un'epoca in cui la Pixar si trova nel pieno delle sue produzioni più avanguardiste e sta letteralmente rivoluzionando il medium con film quali Monsters & Co (2001), Alla Ricerca di Nemo (2003) e Gli Incredibili (2004). Lo studio di John Lasseter, nella prima metà degli anni Duemila e a differenza della Disney "post-rinascimento", sta quindi dimostrando alla critica e al pubblico mondiale di aver compiuto passi da gigante a livello tecnico rispetto agli anni '90. In Chicken Little, invece, anche il character design degli animali risulta monotono. La maggior parte degli abitanti della città, infatti, viene realizzata in modo pressoché uguale sia nell'aspetto fisico, sia nell'abbigliamento. Gli unici particolari che si dimostrano abbastanza peculiari sono quelli relativi ai protagonisti, ovvero determinati elementi estetici che ricalcano in gran parte la loro personalità. Alba Papera, per esempio, viene derisa per il proprio aspetto fisico, tuttavia riesce a sviluppare una forte empatia nei confronti degli altri e perciò aiuta sempre il prossimo.
Aldino Cotechino viene invece schernito per via della sua stazza, si caccia spesso nei guai e si mette spesso in situazioni imbarazzanti. Pesce Fuor d’Acqua, infine, rappresenta un personaggio sostanzialmente inutile, che serve soltanto per sviluppare alcune gags, ma almeno viene raffigurato con un design molto originale e simpatico, ovvero con un grande casco da sommozzatore che gli permette di vivere sulla terraferma. Chicken Little, tirando le somme, è un'occasione sprecata dato che mette in campo tematiche potenzialmente forti che, se fossero state sviluppate in maniera strutturata e con un senso, avrebbero reso l'opera un lungometraggio d'animazione di tutto rispetto.
Il protagonista, dopo aver dato il falso allarme all'inizio del film, viene deriso da tutta la città e, soprattutto, anche attraverso i media più disparati. Al pulcino viene infatti riferito, subito dopo il suo errore, che la sua storia è presente su giornali, giochi da tavolo, siti web e che è in programma un film sull'accaduto. Il misfatto del protagonista, insomma, diventa subito un vero e proprio business. Tale idea di sceneggiatura sarebbe stata un'occasione perfetta per mostrare come al giorno d'oggi, per colpa di un malinteso, sia possibile distruggere letteralmente la vita delle persone attraverso il bullismo mediatico. Il protagonista, invece, davanti a questa pressione e a questa cattiveria ingiustificata, non mostra segni visibili di devastazione interiore o di reale dispiacere.
Se, da una parte, il suo comportamento può essere positivo perché invita lo spettatore a non arrendersi di fronte a certe umiliazioni, dall'altra risulta pericoloso da mostrare in un film per famiglie perché, in questo modo, si tratta un argomento molto complesso e tragico con davvero troppa leggerezza. Chicken Little viene caratterizzato come uno sfigato senza personalità che si vuole riscattare, ma il suo carattere è e rimane troppo debole. L'unica caratteristica simpatica del personaggio - che il film tuttavia non sfrutta - è il non scoraggiarsi mai di fronte a certe avversità. Per esempio, il protagonista è molto basso rispetto ai suoi coetanei, eppure riesce a trovare diversi modi per sfruttare la sua statura e uscire vittorioso da situazioni apparentemente a lui sfavorevoli. È un peccato che il film non si concentri su questo punto e che preferisca inserire tematiche troppo complicate per il tipo di storia che vuole raccontare. L'unico personaggio degno di nota del gruppo di amici è Alba Papera, che infatti funge da coscienza al protagonista cercando di dargli consigli per riavvicinarsi al padre. Pesce e Aldo, al contrario, non hanno alcuno scopo ai fini della trama se non quello di aiutare il pulcino in una brevissima scena durante il finale. Il resto dei personaggi del film si basa su dei cliché e manca completamente di personalità. Chicken Little, dato che non si sbilancia sull'essere demenziale e caricaturale, appiattisce e non caratterizza a dovere tutte le identità di contorno presenti nella sua farraginosa narrazione.
Trama e analisi del secondo tempo
La vita del protagonista sembra essere tornata alla normalità. Tuttavia, passato un anno dal falso allarme, una notte cade proprio nella sua stanza un oggetto volante a forma di esagono, evento che dunque conferma la veridicità di ciò che il pulcino aveva impulsivamente pensato mesi prima. Chicken Little e i suoi amici vengono a scoprire che lo strumento caduto dal cielo in realtà fa parte di un'astronave aliena. I ragazzini riescono a intrufolarsi nel veicolo spaziale e scoprono che gli alieni hanno in programma di invadere il pianeta Terra. I protagonisti vengono scoperti e vengono inseguiti fino al centro della loro città. Chicken Little si ritrova costretto ad avvertire il paese una seconda volta, tuttavia non riesce a provare l'autenticità di ciò che ha visto dato che gli alieni scompaiono senza essere visti dagli abitanti. In questo modo, il pulcino torna ad essere umiliato da tutti, com'era successo un anno prima.
Il film comincia a raccontare la vera storia nel secondo tempo grazie a un cambio di narrazione brusco e troppo netto. Se prima la trama poteva definirsi uno slice-of-life, adesso entrano in gioco degli alieni che, verso la fine del lungometraggio, attaccheranno la Terra per via di un malinteso. La partita di baseball svolta nel primo tempo, dunque, si rivela un evento assolutamente inutile.
In primo luogo, la questione sportiva non viene più ripresa nel corso della trama e ciò che in quella occasione aveva imparato il pulcino non viene più considerato o sfruttato. In più, il protagonista torna a essere umiliato a causa degli alieni dagli stessi cittadini che lo avevano perdonato perché aveva vinto una partita importante. La cattiveria degli adulti del film non è affatto giustificabile, sebbene voglia risultare un'estremizzazione della società attuale, la quale - anche nella realtà - non si fa il minimo scrupolo a mortificare il prossimo. Chicken Little sembra avere come intento quello di raccontare una storia ironica sul marcio della società e, tramite stereotipi che servono a prendere in giro una determinata categoria di persone ottuse, mette in scena le disavventure di un giovane ragazzino che, nonostante venga ripudiato più volte, non si dà mai per vinto. Il problema è che il lungometraggio non utilizza un'ironia amara che potrebbe quindi portare a una qualche riflessione. Il film, invece, si concentra sul far ridere usufruendo di argomenti molto delicati. Inoltre, un bambino non può interpretare una lettura profonda degli eventi e, dunque, invece di cogliere il messaggio di fondo del racconto, si ritrova a deridere il povero Chicken Little assieme ai personaggi dell'opera o, peggio, a provare solo pena per il protagonista.
Trama e analisi dell’epilogo
Gli alieni attaccano la città poiché credono che un loro cucciolo sia stato rapito dagli umani. Chicken Little capisce quindi che, per salvare il mondo, deve riportare il piccolo ai propri genitori e, grazie all'aiuto dei suoi amici e del padre, che finalmente decide di credere nel proprio figlio, ci riesce. Alla fine, il protagonista salva la città e si guadagna il rispetto di tutti i cittadini, venendo infine acclamato dal suo paese come un vero eroe.
Un altro punto interessante che non viene minimamente trattato nel film è il rapporto tra Chicken Little e suo padre. Peppe Gallo è il vero antagonista della pellicola dato che in diverse occasioni ostacola la crescita del figlio: lo invita a non farsi notare, non lo sostiene moralmente, lo elogia soltanto quando vince la partita di baseball pur rimanendo comunque caratterialmente freddo e distaccato. Il protagonista vorrebbe parlargli ma Peppe tronca di netto ogni discorso e sembra anche non curarsi di dove vada il figlio. Il padre si vergogna di lui e non sembra che gli interessi il recuperare un rapporto familiare visto che si comporta da codardo e che segue la massa quando il pulcino viene preso di mira dai media e dai bulli. Peppe, dunque, non risulta in alcun modo diverso dal resto dei perfidi abitanti del suo paese.
Il momento nel quale i due riescono veramente a confrontarsi avviene soltanto durante l'invasione aliena. La scena, tuttavia, risulta vuota e molto stridente perché intanto il racconto sta giungendo rapidamente verso l'epilogo. La sequenza, dunque, non presenta la carica emotiva che invece dovrebbe esprimere un vero riconciliamento e, anzi, durante il confronto si spera quasi che Chicken Little tronchi una volta per tutte i rapporti con suo padre. Nella versione pubblica del lungometraggio, purtroppo, è stata tagliata una scena molto significativa per il loro rapporto. All'inizio del film, essa mostra Peppe che, seguendo in televisione un programma di cucina, per sbaglio cambia canale e finisce per guardare il servizio giornalistico del primo falso allarme. Il figlio rimane mortificato dalla notizia e Peppe prova in più occasioni a consolarlo, proteggendolo anche da una folla di cronisti che successivamente prova a tutti i costi a intervistare il pulcino. In queste sequenze tagliate, il padre non prova vergogna per il figlio e, anzi, affronta il problema del falso allarme provando persino premura verso il protagonista. In tali sezioni filmiche eliminate si respira dunque un clima diverso e, soprattutto, vengono sfiorati i temi della pericolosità dei media di massa e dello sconforto che deve provare un bambino se messo pubblicamente alla gogna. Il comportamento del padre, in queste istanze, risulta quindi giustificabile e comprensibile.
Conclusioni
Chicken Little nasce come un esperimento sia tecnico che narrativo: l'idea di mostrare al pubblico un progetto tutto sommato interessante perché critico rispetto a una società ottusa e cattiva che non si fa scrupoli a umiliare chi commette anche involontariamente un piccolo sbaglio. Purtroppo, il film fallisce nel proprio intento a causa di una scrittura troppo superficiale e a dei personaggi mal caratterizzati che cercano di far divertire lo spettatore e che, invece, risultano per tutto il racconto degli inutili fantocci. Il lungometraggio non vuole essere preso sul serio, ma ciò non lo rende un prodotto di qualità o quantomeno passabile. Questione di Psicologia del 1943 rappresenta un cortometraggio più maturo e più al passo con i tempi perché, di fatto, viene realizzato con l'intento di screditare il razzismo tramite la black humor comedy, genere di umorismo molto in voga negli USA durante la Seconda guerra mondiale. Chicken Little elimina gli spunti interessanti del corto Disney e crea una storia confusionaria che distrugge lo spirto dissacratorio dell'opera originale. Per via di tutti questi difetti, il film rappresenta ancora oggi uno dei peggiori classici mai realizzati dagli studios Disney: un esperimento completamente fallito.