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Immagine del redattoreIsaia Silvano | Daelar Animation

Martin Rosen: la paura negli occhi del mondo

Verso la metà degli anni '70, l'arte del cinema - e di conseguenza quella dell'animazione - viene pesantemente influenzata dalle atmosfere decadenti cardine della società occidentale. I continui tumulti post-Sessantotto, la crisi del petrolio, le ripercussioni della Guerra del Vietnam e l'eccessivo sviluppo industriale di molti Paesi spingono registi e autori della "settima arte" a mettere in scena situazioni e argomenti dal forte impatto visivo ed emotivo, dai toni cupi e tenebrosi, dalle ambientazioni post-apocalittiche in cui si descrivono il disagio e la morte ideologica, la caduta della fede e l'avvento del caos e dell'anarchia come forma di auto-gestione politica, sociale ed economica. Nascono dunque, assieme ai portavoce della "Nuova Hollywood" Martin Scorsese, Brian De Palma e Steven Spielberg, nuovi artisti - dalla poetica macabra e fortemente connessa con un mondo senza più un dio e senza più una guida definita - come David Cronenberg, John Carpenter e David Lynch. Al contrario, la riscoperta dei classici orwelliani e lo sviluppo della letteratura distopica-cyberpunk, coniata negli anni '50 da Ray Bradbury e resa più interconnessa con la filosofia esistenzialista da Philip K. Dick, danno vita a sotto-generi appartenenti alla fantascienza anche cinematografica che, tra gli anni '70 e gli '80, rappresenteranno la base concettuale di diversi capolavori e film di culto come Blade Runner (1982), 1997: Fuga da New York (1981), Interceptor (1979), Terminator (1984) e Akira (1988).



La Collina dei Conigli | Daelar Animation
© Nopenthe Productions


Inoltre, in questi anni vi è una rivisitazione del genere fantasy, espresso non nella forma epica classica, bensì definito attraverso le atmosfere fatiscenti di questo periodo storico. Nasce infatti il genere del dark-fantasy "post-tolkeniano", che in pochi anni si estende dalla letteratura a diverse altre forme d'arte come il fumetto e l'illustrazione, fino ad arrivare ai giochi di ruolo e da tavolo. Altri temi che compaiono, questi soprattutto in animazione, in maniera determinante in questi anni esprimono una feroce critica verso l'eccessiva urbanizzazione e le lotte, quasi sempre drammatiche e violente, che si consumano tra uomo e natura, tra l'artificiale e l'autentico e tra il meccanico-robotico e il nativo. Tali argomenti, di certo non originali ma ricontestualizzati, assieme agli sviluppi di generi quali il post-apocalittico e il dark-fantasy, formano le fondamenta di un'epoca medioevale dell'animazione occidentale. Il termine "medioevale" rappresenta una provocazione poiché questa età dell'animazione anglofona ed europea, che nasce attorno al 1977 con Wizards di Ralph Bakshi e si conclude nel 1987 con Gandahar di René Laloux, ricopre temporalmente il lasso di tempo che va dalla fine dell'era dell'animazione xerografica (circa metà anni '70) all'inizio del "rinascimento" della Walt Disney Pictures (1989). Uno dei film profetici di quest'epoca oscura dell'animazione occidentale è sicuramente La Collina dei Conigli (1978) di Martin Rosen, lungometraggio tratto dal romanzo omonimo (1972) di Richard Adams che narra il viaggio di un gruppo di conigli selvatici alla ricerca della loro Terra Promessa.



La Collina dei Conigli | Daelar Animation
© Nopenthe Productions


La forma con la quale sono descritte le situazioni vissute dal protagonista Moscardo e dai suoi compagni viene ripresa in buona parte dal Vecchio Testamento, caratteristica che tinge dunque il racconto di spiritualità e, in un certo qual modo, di epicità in un'avventura motivata dalla ricerca sia della pace, sia di un dio al quale i conigli si donano in tempo di morte. Ciò che spiazza di quest'opera è la messa in scena iper-realista di Rosen, regista teatrale che, infatti, nei suoi due unici film d'animazione - La Collina dei Conigli e The Plague Dogs - rende le ambientazioni appariscenti come, per l'appunto, potrebbero risultare soltanto le scenografie a teatro e, attraverso primi piani molto definiti, pone sempre in evidenza le espressioni dei personaggi. Il film avanza a un ritmo serrato che origina in alcuni punti una enorme tensione e che, inoltre, definisce e caratterizza ottimamente tutte le identità più importanti della storia. Oltre a ciò, il ritmo mette in luce una stra-ordinaria regia che, restando al completo servizio della sceneggiatura, sempre di Rosen, si presenta abile nel cambiare e nel trasformare i tempi e il genere della narrazione dal dramma all'avventura "orrorifica". Alcune scelte stilistiche, come la relativamente cospicua presenza di sangue all'interno di determinate sequenze, aumentano infatti in modo esponenziale la rivisitazione roseniana, addirittura horror in certi momenti, del romanzo di Adams, e portano La Collina dei Conigli ad essere definito da molti "il film d'animazione più spaventoso di tutti i tempi".



La Collina dei Conigli | Daelar Animation
© Nopenthe Productions


Oltre, quindi, a un completo distacco dai classici film d'animazione realizzati fino al 1978, anche se perfino opere della Walt Disney Productions/Pictures rientrano nei canoni della "Età medioevale dell'animazione occidentale" (Le Avventure di Bianca e Bernie per la fotografia, Red e Toby - Nemiciamici per la regia, Taron e La Pentola Magica per le ambientazioni), il capo d'opera di Rosen, al quale partecipa anche il maestro della limited animation John Hubley in qualità di supervisore delle animazioni, guida questa new wave tetra e angosciante che si svilupperà soprattutto negli Stati Uniti d'America e in Francia fino alla seconda metà degli anni '80 con altri lungometraggi seminali come Heavy Metal (1981) di Gerald Potterton, Brisby e Il Segreto di NIMH (1982) di Don Bluth, Il Signore degli Anelli (1978) e Fire and Ice (1983) di Ralph Bakshi. L'aspetto più riuscito de La Collina dei Conigli, dopo la messa di scena di Rosen, è la colonna sonora composta da Angela Morley e da Malcolm Williamson: un componimento romantico che raccoglie alcune delle orchestrazioni più espressive e suggestive della storia dell'animazione cinematografica. Oltre alle musiche del film, Morley scrive anche il brano Bright Eyes assieme ad Art Garfunkel per accompagnare una delle sequenze più commoventi dell'opera. La canzone, ritenuta con il lungometraggio un cult in tutto il Regno Unito, nel 1978 rimane per quasi un anno in cima alle classifiche inglesi dei brani più venduti e ascoltati.



La Collina dei Conigli | Daelar Animation
© Nopenthe Productions


Grazie anche alla colonna sonora, La Collina dei Conigli riesce a rappresentare la morte, la paura, il senso di avventura, quello di sopravvivenza e lo scontro, diretto e non, tra gli animali e il genere umano (le trappole piazzate nelle tane, i cacciatori, i cani da guardia, le recinzioni spinate) delineando un racconto che, nella propria natura lineare, si presenta unico, scioccante e profondamente contemplativo. Il ruolo centrale della natura rispetto alla vita, in un mondo che ferocemente uccide prematuramente o lascia invecchiare, è la vera riscoperta di una religione a cui ormai l'uomo contemporaneo, accecato dalla potenza delle sue macchine e dalla sua illusione di conoscenza, non crede più.


Nel 1982, Martin Rosen adatta in animazione un altro romanzo di Richard Adams, The Plague Dogs (1977), portando verso l'estremo le caratteristiche drammatiche e tragiche del suo lavoro precedente. L'opera, infatti, raccontando l'evasione di due cani da un centro di sperimentazione, mette in luce un argomento molto più spinoso e meno filosofico rispetto a quello spirituale e religioso de La Collina dei Conigli. Il secondo lungometraggio di Rosen è un pugno allo stomaco e, ancora oggi, risulta uno dei pochi film animati distribuiti dalla Metro-Goldwyn-Mayer con valutazione "vietato ai minori di tredici anni non accompagnati da un adulto".



The Plague Dogs | Daelar Animation
© Nopenthe Productions | © United Artists | © Goldcrest Films


La fuga di Rowf e Snitter, i due cani protagonisti, rappresenta una delle trame emotivamente più intense e destabilizzanti della storia dell'animazione, una delle critiche al cinismo della società umana più acute e strazianti che siano mai state create per il cinema. Come ne La Collina dei Conigli, la regia di Rosen spinge la narrazione verso sequenze ansiogene e atroci senza appesantire il ritmo del film ma, anzi, rendendo le sensazioni dei personaggi ancora più vivide agli occhi dello spettatore.


Nonostante l'iper-realismo e la completa disillusione del regista facciano dunque di The Plague Dogs una delle opere più crude dell'animazione anglofona, in un'intervista [1] Rosen dichiara che il suo secondo e ultimo lungometraggio deve essere visto come un film realizzato per sensibilizzare le persone alla compassione verso la natura e non come un'opera attivista prodotta per puntare direttamente un dito accusatorio verso i centri di ricerca che vivisezionano animali. Per quanto le parole del regista cerchino quindi di ridimensionare il messaggio animalista di The Plague Dogs, il film ancora oggi rappresenta per le Nazioni anglofone uno degli esempi più diretti ed espliciti di lotta artistica contro i centri di sperimentazione.


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