Negli anni passati, in più di un'occasione la Disney ha cercato di osare, proponendo al suo pubblico non solo fiabe o film leggeri con protagonisti degli animali, bensì anche storie fantasy avvincenti e originali. Il primo tentativo, Taron e la Pentola Magica, l'unico lungometraggio animato dark-fantasy degli studios, nel 1985 si era rivelato un clamoroso fallimento al botteghino a causa della sua estetica troppo tetra e per niente in accordo con i classici canoni disneyani. Anche esperimenti più recenti come Atlantis: L’impero Perduto (2001) e Il Pianeta del Tesoro (2002) risultano tuttora dei fallimenti dal punto di vista economico. Negli ultimi anni, dunque, la Disney ha preferito tornare verso strade più commerciali e, sebbene siano usciti classici degni di nota come Rapunzel (2010), la maggior parte dei suoi ultimi lungometraggi risultano godibili da seguire, eccellenti dal punto di vista tecnico ma pieni di pecche e di forzature nella scrittura. L'ultimo film degli studios, Raya e L'Ultimo Drago, presenta proprio queste problematiche. Finalmente, nel 2021, dopo un anno di silenzio dovuto allo stop dei lavori causato dalla pandemia, la Disney pubblica un nuovo film d'animazione, un lungometraggio che apre il nuovo decennio con grandi aspettative visti i deludenti e dimenticabili sequel di Ralph Spaccatutto e di Frozen.
Raya e L'Ultimo Drago è classificato come il 59° Classico Disney, un traguardo molto importante per la casa di Topolino, un'azienda che con il tempo ha allargato i propri orizzonti non solo nel campo dell'animazione. Il film, diretto da Don Hall, regista del premio Oscar Big Hero 6 (2014), omaggia l'Oriente in un mondo fantasy ispirato alle culture di Paesi del Sud-est asiatico come Thailandia, Vietnam, Cambogia, Birmania, Indonesia, Filippine e Laos. Nei giorni precedenti all'uscita, il lungometraggio cattura subito l'attenzione sia di buona parte del mondo critico, grazie a delle animazioni accattivanti ed estremamente dinamiche, sia del pubblico generalista che, curioso di vedere come la Disney si sia mossa pubblicando un fantasy epico, fa parlare del nuovo classico ovunque, nel bene e nel male. A causa della pandemia, il film viene distribuito solo in streaming sulla piattaforma Disney+ nel marzo 2021 e, nel momento in cui viene rilasciato, Raya e L'Ultimo Drago divide di netto gli spettatori. Se, infatti, una parte di essi rimane completamente soddisfatta dalla visione per via degli omaggi al mondo orientale, al femminismo e a una presunta relazione sentimentale tra la protagonista Raya e l’antagonista Namaari, l’altra critica fortemente l’opera, definendola il solito prodotto commerciale disneyano privo di passione e lontano anni luce dalla qualità dei vecchi classici.
Trama e analisi del primo tempo
Il film si apre con la voce narrante della protagonista, Raya, che racconta cosa è accaduto al prosperoso Regno di Kumandra. L'umanità, cinquecento anni prima del racconto presente, viveva in armonia con i draghi, esseri dotati di grandi doti magiche che controllavano l'equilibrio naturale del mondo. Tutto cambiò con l’arrivo dei Druun, pericolosi esseri che cominciarono a sterminare gli uomini trasformando in pietra chiunque capitasse sotto il loro potere. I draghi si sacrificarono per salvare il mondo e uno di loro, Sisu, in un atto disperato, racchiuse la sua forza in una gemma, dissolvendo così i Druun e salvando il regno. I draghi scomparvero per sempre e gli uomini cominciarono a farsi guerra gli uni contro gli altri per prendere la gemma di Sisu. Kumandra si divise quindi in quattro regni, ognuno indipendente dall’altro e con una propria cultura: Cuore, Zanna, Dorso, Coda e Artiglio. Nel presente, si viene a sapere che la gemma si trova nelle mani del Regno di Cuore e che la piccola Raya, sotto il volere dal padre Benja, il sovrano del regno, viene nominata custode della gemma. La protagonista è l'unica principessa di Cuore e, come tale, deve prendersi cura del suo popolo. La giovane appoggia quindi l'idea del padre di organizzare una grande festa, un banchetto al quale vengono invitati tutti i rappresentanti delle altre nazioni.
Tale cerimonia, tanto sognata dal magnanimo sovrano di Cuore, serve a far sì che i vari popoli di Kumandra si fidino gli uni degli altri e che si possano dunque unire di nuovo sotto un unico reame. In questa occasione, Raya fa la conoscenza di Namaari, sua coetanea e principessa di Zanna. Le due ragazzine si sentono a proprio agio, tant'è che la protagonista mostra alla sua nuova amica il nascondiglio dove è custodita la gemma del drago. Tuttavia, proprio in quel momento, Namaari si dimostra una traditrice, una spia incaricata dalla madre di prendere l'oggetto e di portarlo nel Regno di Zanna. La situazione peggiora quando la gemma si rompe, spargendosi per Kumandra e liberando dunque i Druun che, appena risvegliati, cominciano a pietrificare ogni persona presente a Cuore, compreso re Benja. Il padre di Raya, prima di pietrificarsi, affida alla figlia il compito di riunire la gemma, di salvare Cuore e di conseguenza il mondo intero. Dopo queste vicissitudini, il film compie un time skip di sei anni. La ragazza è ormai cresciuta e, grazie a una mappa rubata al Regno di Zanna, completa una lunga ricerca riuscendo a trovare e poi risvegliare Sisu, l'ultima draghessa, la sola speranza per il mondo. Raya e Sisu cominciano quindi il loro viaggio alla ricerca degli altri pezzi di gemma, mentre Namaari, profondamente odiata dalla protagonista per il suo vile tradimento, le insegue incessantemente senza però sapere che il drago è stato richiamato e che si trova proprio in compagnia della principessa di Cuore.
Dal punto di vista tecnico il film si presenta subito di alta qualità. La Disney riconferma i propri passi da gigante e la propria dimestichezza con la CGI, riuscendo a creare personaggi che non interagiscono con freddezza e staticità con l'ambiente ma che, anzi, nello schermo si muovono in maniera incredibilmente fluida. La regia di Hall riesce a coordinare e amalgamare bene tutte le sequenze d'azione con un vasto coro di voci, suoni dirompenti che preannunciano sempre i combattimenti e gli scontri. Il compositore James Newton Howard - che aveva già lavorato in Disney per le colonne sonore di Dinosauri, Atlantis: L'impero Perduto e Il Pianeta del Tesoro - riesce a scrivere e a creare una soundtrack accattivante: un insieme di tracce evocative che accompagna il lungo e devastante viaggio di Raya e che richiama in ogni propria sfumatura sonora il fascino e i misteri dell'Estremo orientale. Anche le scenografie si presentano superbe, si notano infatti una grande attenzione e uno studio approfondito delle ambientazioni da parte degli autori e dei tecnici della Disney. È interessante, per esempio, vedere come si vestono gli abitanti di Cuore e Zanna, che tipo di arti marziali usano per battersi e come si svolgono momenti quotidiani come la preparazione del cibo o le preghiere in onore dei defunti. Nonostante questa lodevole cura per i dettagli, il film comincia già nel primo tempo a mostrare anche i propri difetti di scrittura.
Innanzitutto, la trama a volte cade in forzature narrative come, per esempio, la protagonista che ripone fiducia in un personaggio sconosciuto e quest'ultimo che la tradisce, o il cliché ormai abusato del sacrifico della persona amata dal personaggio principale. Sembra infatti strano che Raya, abilissima nel combattimento e ragazzina con alle spalle una durissima disciplina, sia così ingenua da far scovare il segreto della sua nazione a una perfetta estranea. Certo, proprio grazie a questo avvenimento si sviluppano il racconto e il tema centrale del film, ovvero che nei momenti di crisi e per stabilire la pace bisogna sempre restare uniti. Oltre a ciò, la situazione può, in parte, essere giustificata dalla giovane età della principessa. La scena del sacrificio del padre viene invece banalizzata dalla sua stessa illogicità. Re Benja, infatti, aveva tranquillamente la possibilità di salvarsi insieme alla figlia ma, per seguire la classica scia disneyana nella quale il personaggio principale deve per forza diventare orfano e deve farsi carico di tutte le responsabilità, ciò non accade. Si riscontrano problematiche anche attraverso scelte di trama poco coerenti. Come riesce Raya a rubare la mappa dal Regno di Zanna? Come fa a cercare e a trovare così facilmente la draghessa Sisu? La protagonista, inoltre, resta da subito quasi approssimata, di lei si conoscono infatti soltanto quelle poche informazioni necessarie per mandare avanti la trama, e risulta quindi troppo povera di caratterizzazione per poter coinvolgere emotivamente lo spettatore.
Tale mancanza, oltre a rendere la principessa poco carismatica, risulta decisamente incoerente e fallace con una, invece, crescita importante del personaggio dopo il time skip di inizio film.
Trama e analisi del secondo tempo
Raya e Sisu si inoltrano nei vari regni, recuperano quasi tutti i pezzi di gemma e incontrano diversi personaggi che si uniscono alla loro compagnia: due bambini di nome Boun e Noi, rimasti orfani, e Tong, ultimo superstite del suo villaggio a causa della furia dei Druun. Namaari, dopo essersi scontrata con Raya, scopre che il drago è vivo e che è alleato con la protagonista. Ciò le cambia il pensiero e, tornata a Zanna, la guerriera cerca di convincere la madre a formare un'alleanza con la principessa di Cuore. La regina, tuttavia, rifiuta tale idea perché teme che il suo popolo, dato che i Druun sono tornati a distruggere il mondo a causa sua, potrebbe essere discriminato dal resto dell'umanità se venisse esposto all'infuori dei confini di Zanna.
Anche durante la seconda parte, il film presenta un'ottima messa in scena. Ogni regno gode di una propria identità negli ambienti ed è intrigante osservare con quanta cura sia stata realizzata la caratterizzazione visiva delle varie culture di Kumandra. Il tema della fiducia viene rimarcato da Sisu, che rispetto a Raya vede ancora del buono negli umani e che, dunque, rimane sempre convinta di poterli riavvicinare gli uni agli altri attraverso il dialogo. È interessante, inoltre, osservare come ogni membro del gruppo di protagonisti abbia perso qualcuno per via dei Druun e che, quindi, il lungometraggio provi a raccontare come ogni personaggio stia cercando di superare il proprio trauma attraverso la fiducia nelle altre persone.
Questi pregi, tuttavia, vengono soffocati da continui errori di scrittura che si possono riscontrare nel film. Il world building, per esempio, è inesistente. I cinque regni, infatti, vengono semplicemente mostrati e nulla della loro organizzazione viene approfondita. La compagnia di Raya si sposta troppo velocemente da un posto all’altro e, per questo, molte scene chiave del lungometraggio vengono mostrate senza generare alcun climax. Il racconto crea determinate aspettative su come sia difficile recuperare i pezzi della gemma, tuttavia i protagonisti in pochi minuti riescono sempre a vincere tutte le sfide che li attendono. Tong, Boun e Noi, sebbene abbiano un grandissimo potenziale, purtroppo risultano personaggi inesistenti e inutili ai fini della storia. Il film, infatti, funzionerebbe benissimo anche senza di loro. Bum e Noi sono dei bambini e servono soltanto da elementi comici per gli spettatori più piccoli. Tong, invece, viene presentato come un uomo rozzo e violento ma in realtà è una persona dolce e distrutta dal dolore per aver perso la propria famiglia. Lui è il più anziano del gruppo e sarebbe stato interessante, per esempio, vedere come avrebbe colmato il suo vuoto se fosse diventato il padre adottivo di Boun, di Noi o, perché no, di Raya. È un peccato che questa tematica non venga mai considerata e resti, come quasi tutti i personaggi secondari, un'idea priva di identità.
La protagonista, infine, si comporta in modo innaturale. Raya, infatti, prima afferma di non volersi fidare del prossimo fino alla battaglia finale e poi, senza un vero motivo, accoglie nel suo viaggio Tong, Boun e Noi come se la brutta esperienza avuta con Namaari da bambina non fosse mai esistita. Una ultima falla logica della sceneggiatura è che non viene minimamente spiegato come faccia Namaari a sapere dove trovare Raya e come faccia la guerriera di Zanna a seguire sempre gli spostamenti della principessa.
Trama e analisi dell’epilogo
Convinta da Sisu, Raya decide di provare a parlare con Namaari, ma per colpa di uno spiacevole equivoco la protagonista uccide accidentalmente la draghessa. Dopo la morte di Sisu, i Druun diventano imbattibili e cominciano a distruggere l’intero Regno di Zanna. Mentre Tong, Boun e Noi tentano di mettere al sicuro gli abitanti, Raya affronta la sua acerrima nemica in un duello nel quale le due principesse capiscono di aver compiuto un grande sbaglio. Fermato lo scontro, finalmente le due guerriere riescono ad allearsi e a mettere al sicuro il popolo indifeso. Prima di restare vittime dei Druum, i protagonisti insieme riescono a fidarsi l’uno dell’altro e a riunire ogni pezzo della gemma del drago. Tutto si risolve per il meglio: il potere della gemma rompe e risigilla i Druum e Sisu ritorna in vita insieme ai suoi fratelli, possenti draghi che erano rimasti pietrificati per molti secoli. Il film finisce con il mondo popolato nuovamente dai draghi e con tutti i regni che finalmente si riuniscono sotto un'unica grande nazione: Kumandra.
Nell'ultima parte del lungometraggio, Namaari mostra le sue fragilità. La principessa di Zanna, dipinta per la maggior parte della visione come una combattente spietata e pericolosa, si rivela invece una persona estremamente benevola che agisce nei pieni interessi del suo popolo. Il film, infatti, la mostra preoccupata quando le risorse all’interno di Zanna risultano al limite e, inoltre, si capisce che senza l’influenza della madre, la regina Viriana, Namaari avrebbe una mente molto più aperta verso il prossimo. La sua rigida educazione, tuttavia, la rende fredda di facciata e, di fatto, lei stessa usa la sua forza perché teme di essere vista come debole e di essere quindi tradita. La scena della morte di Sisu è da lodare come una scelta coraggiosa e molto particolare per un Classico Disney. Un personaggio positivo che viene ucciso dalla protagonista, colei che ricopre il ruolo di eroina della storia, non è in effetti un particolare riscontrabile in molti film della casa di Topolino. La battaglia finale si presenta tecnicamente notevole. Raya e Namaari si affrontano in un vortice di distruzione costituito da dei primi piani definiti sugli sguardi feroci delle rivali, dei colpi veloci e precisi e una musica incalzante che aumenta la tensione dello scontro fino alla resa delle due principesse guerriere. Un altro momento visivamente notevole è il ritorno dei draghi nel mondo degli uomini, sequenza in cui le creature raggiungono gli umani volando e creando pioggia.
Anche in questo caso, la colonna sonora evocativa di James Newton Howard si rende protagonista. È infatti proprio la musica che solennemente annuncia la nuova era di Kumandra, un nuovo mondo che rinasce sotto la guida dell'umanità e dei magici draghi. Il finale del tutto positivo lascia a desiderare e crea non pochi interrogativi. L'epilogo di Raya e L'Ultimo Drago, infatti, mette in luce altre falle e incoerenze che macchiano tutto il lungometraggio dal suo inizio alla sua fine. La regina di Zanna, per esempio, accetta tranquillamente l'unione dei regni nel corso dell'epilogo, mentre durante il film aveva espresso chiaramente il contrario in più di una occasione. Inoltre, nella conclusione non viene mostrato secondo quale principio cinque popoli diversi in tutto, che per anni si sono discriminati e odiati a vicenda, si possano unire di punto in bianco senza problemi. Le tematiche dell'integrazione e dell'accettazione, infine, non vengono neanche sfiorate e, dunque, il discorso del film sulla fiducia crolla perché la morale stessa dell'opera risulta un'enorme forzatura.
Conclusioni
Raya e L'Ultimo Drago è, in definitiva, un film che punta, come del resto la maggior parte dei Classici Disney usciti negli ultimi anni, sulla spettacolarizzazione e sulla resa tecnica della messa in scena, ma di sostanza ne espone davvero poca.
La qualità della CGI si presenta straordinaria e le tematiche affrontate dal film riescono, almeno in via ideale, a rispecchiare come la società statunitense e quella mondiale dovrebbero affrontare la pandemia ancora in corso. Tuttavia, le principali problematiche si ritrovano in una narrazione troppo veloce, poco curata e che crea diversi buchi di sceneggiatura incolmabili. Raya è una protagonista interessante che però, come tutti i personaggi del film, esprime un carattere troppo debole, ragion per cui non può raggiungere, per esempio, personalità disneyane del calibro di Mulan. Namaari, invece, presenta un conflitto interiore che, se fosse stato sviluppato meglio e con meno fretta, le avrebbe permesso di diventare probabilmente uno dei personaggi più profondi della filmografia degli studios. Il drago Sisu ricorda Mushu come concept e come caratterizzazione comica, ma riesce a risultare sempre un personaggio adorabile. Il resto della compagnia invece è semplicemente inutile. L'ipotetica e tanto discussa storia amorosa tra Raya e Namaari è fasulla, completamente inventata. Non viene mai inserito alcun segno di attrazione tra le due rivali, la protagonista prova odio e rancore verso la principessa di Zanna per tutto il film e solo nel finale riesce ad avvicinarsi a lei senza brandire un'arma. Inoltre, per tutta la durata del lungometraggio non viene nemmeno accennato il tema generale dell'amore, romantico o ideale, il che fa di quest'opera uno dei pochi Classici Disney senza una qualsivoglia, anche effimera, storia amorosa.
Raya e L'Ultimo Drago, anche per questo, vorrebbe essere un film adulto, ma fallisce perché fondamentalmente la Disney ha troppa paura di osare e di perdere il proprio pubblico affiliato e, quindi, cerca di restare ancorata a trovate semplici e approssimative. Nel finale, per esempio, non si capisce come Sisu e gli altri draghi ritornino in vita. Se gli autori avessero voluto mandare un messaggio adulto e maturo, tutti i draghi sarebbero rimasti morti o pietrificati. Per quanto riguarda invece il tema dell'integrazione, sarebbe stato molto più coerente un finale aperto nel quale Raya, futura regina di Cuore, si impegnava a ricucire i legami tra tutti i popoli dopo anni di guerre e di odio. Se questo film fosse una fiaba non ci sarebbe molto su cui sindacare, ma Raya mette in chiaro da subito di voler rappresentare un fantasy puro. La storia di per sé, sebbene non originale e chiaramente ispirata ad Avatar: La Leggenda di Aang (2005/2008), aveva un grandissimo potenziale, ma Raya e L'Ultimo Drago risulta solo una visione godibile per gli appassionati del genere e della cultura orientale. Di certo non è il peggior film della Disney, casa di produzione che, soprattutto negli ultimi due decenni, ha tirato fuori il peggio di sé con altri film d'animazione, ma l'opera, in generale, rientra di diritto tra i suoi classici più mediocri.