Nel 1985, l'estro artistico di Mamoru Oshii si libera da qualunque freno, raggiungendo picchi per i quali il paragone con la cinematografia di Andreij Tarkovsky diventa quasi obbligatorio. Il mondo che viene presentato nell'opera è una terra distrutta dall'apocalisse, ridotta a un cumulo di macerie. Città fantasma che trovano compagnia solamente con ombre vaganti appartenenti a un passato dimenticato e con battaglioni di enormi crostacei rossi simili a carri armati, che sfilano per le strade deserte abbracciate da un fascino grottesco e tetro, rendono questo film poesia visiva di altissimo livello. Le vicende, mano a mano che l'opera prosegue, catapultano chi le osserva con occhio attento in un ambiente sempre più surreale, con riferimenti al libro Demian. Storia della giovinezza di Emil Sinclair (1919) di Hermann Hesse e alla religione ebraico-cristiana - questi ultimi presenti anche in Ghost In the Shell (1995), sempre di Oshii. Il complicato intreccio del lungometraggio, messo in scena attraverso una anti-trama sviluppata seguendo una logica lineare, tratta dei temi classici nei film del regista, quali la ricerca dell'ignoto e l'analisi della realtà, mentre dal punto di vista artistico risulta profondamente legato alla corrente pittorica espressionista, alle interpretazioni dell'Art Nouveau e alle opere secessioniste di Gustav Klimt. Tenshi no Tamago presenta, inoltre, diversi richiami ai film di Stanley Kubrick, al David Lynch di Eraserhead (1978) e alle opere più allegoriche di Tarkovsky, in quanto propone diverse chiavi di lettura dei complessi significati che espongono le sue scene più oniriche, ideali e immaginifiche.
I personaggi presenti nel film sono principalmente tre: una bambina con lunghissimi capelli bianchi, un inquietante soldato senza meta armato di un fucile cruciforme e un misterioso uovo che la fanciulla porta sempre con sé. La bambina è una figura materna e protettiva che deve prendersi cura dell'uovo a ogni costo. La sua ingenuità è dunque sinonimo di innocenza. Il soldato, invece, che dal primo incontro con la ragazzina si interessa molto all'oggetto che essa custodisce, descrive il peccatore, l'essenza dell'egoismo e, soprattutto, dell'animo umano pronto a tutto pur di svelare il senso della propria esistenza. L'uovo rappresenta invece l'ignoto, un ente oscuro dalle potenzialità immaginarie ed irrazionali; racchiude in sé un universo sacro, incommensurabile, rappresentato da un embrione ancora malforme di fenice. Esso interpreta la speranza, la vulnerabilità, la purezza e, inoltre, raffigura la chiave di molte delle domande esistenziali che l'uomo si pone da sempre; una figura analoga, se si vuole, al monolito di 2001: Odissea nello Spazio (1968). Un'altra immagine altamente contemplativa e filosofica rappresentata in Tenshi no Tamago risulta di certo l'enorme conformazione ellittica fluttuante che compare durante l'apertura e la chiusura dell'arco narrativo del lungometraggio. Si tratta della costruzione, che poi riprenderà Katsuhiro Otomo nei segmenti iniziali e conclusivi dell'opera collettiva/antologica Robot Carnival (1987) e in Steamboy (2004), più complessa e imponente del film e viene più volte denominata "il sole meccanico", appellativo che ne descrive dunque una identità al limite tra il divino e l'empireo - come il dio Abraxas citato, assieme alla rappresentazione dell'uovo, proprio nel romanzo di Hesse [1].
«L'uccello si sforza di uscire dall'uovo. L'uovo è il mondo. Chi vuol nascere deve distruggere un mondo. L'uccello vola a Dio. Il Dio si chiama Abraxas.»
Sulla sua superficie giacciono incastrati numerosi congegni, strumenti, fabbriche, camini, strutture architettoniche e sculture a cui, in uno splendido finale che stilisticamente allude alle ultime tavole di Devilman (1972) di Go Nagai (pietra miliare del fumetto manga giapponese), si congiunge la bambina dopo aver perduto l'uovo. La parte più interessante della titanica corazzata volante è il proprio centro, punto nel quale si colloca un'immensa forma semi-circolare fosforescente simile a un grande occhio che scruta il mondo dall'alto. Il "sole meccanico", nella sua criptica conformazione e dato il suo legame con la protagonista del racconto, simboleggia una visione del mondo post-industriale tanto fantasiosa quanto macabra, una chiara dichiarazione di intenti da parte di Oshii, il quale riprende in modo ancora più eclettico il mito di Urashima Taro, utilizzato nella sua opera precedente Lamù 2: Beautiful Dreamer (1984) [2], per far sprofondare nell'incubo più atavico una realtà - forse la nostra - ormai sia spiritualmente che materialmente deceduta e ombra di sé stessa.
Dal punto di vista prettamente tecnico, il film risulta impeccabile grazie alla direzione artistica del celebre illustratore e designer Yoshitaka Amano, grazie a un eccezionale staff di animatori tra cui Yasuhiro Nakura (key animatior di film quali Galaxy Express 999, Night On the Galactic Railroad e Il Castello nel Cielo) e Yoshiyuki Sadamoto (allievo di Amano e character designer di anime quali FLCL e Neon Genesis Evangelion) e, ovviamente, grazie a Mamoru Oshii.
Il regista adotta uno stile stazionario e tecniche sperimentali d'avanguardia espressioniste - riprese direttamente da maestri tedeschi come Fritz Lang, Robert Wiene e Friedrich Wilhelm Murnau - già utilizzate in Beautiful Dreamer come, per esempio, fotogrammi fissi per diversi minuti, inclinazioni tra i 30° e i 60° dell'asse di campo, giochi di prospettiva e di simmetria per mezzo di specchi o di riflessi nell'acqua. Il character design, magistralmente progettato sempre da Amano (curatore dei design di Final Fantasy, Vampire Hunter D e Tekkaman), si presenta come una surrealista fusione tra il dark-fantasy e il cyberpunk e si adatta perfettamente ai paesaggi gotici che coronano la qualità visiva di questa favolosa perla dell'animazione mondiale.
Artisticamente, sia lo stile peculiare di Amano, sia l'anti-narrativa plasmata da Oshii diventeranno in futuro un importante faro per alcuni creativi e autori attivi dall'inizio del XXI secolo. Nel medium dei videogames, per esempio, Tenshi no Tamago rappresenta ancora oggi e senza alcun dubbio, assieme al manga dark-fantasy medioevale Berserk (1989/2021) del maestro Kentaro Miura, il punto di partenza e l'influenza maggiore delle opere videoludiche prodotte dalla casa di sviluppo FromSoftware e supervisionate o dirette da Hidetaka Miyazaki: Demon's Souls (2009), Dark Souls (2011), Dark Souls II (2014), Bloodborne (2015), Dark Souls III (2016), Déraciné (2018), Sekiro: Shadows Die Twice (2019) e Elden Ring (2022).
Miyazaki, soprattutto nel DLC (DownLoadable Content) The Ringed City (2017) del terzo capitolo della saga Souls, renderà espliciti i rimandi stilistici, estetici e - in parte - concettuali a Tenshi no Tamago, creando un personaggio identico alla protagonista del capolavoro di Mamoru Oshii e modellando un universo sospeso, evanescente e decaduto che, soprattutto a livello architettonico, richiama in maniera praticamente citazionistica lo straordinario lavoro grafico svolto da Yoshitaka Amano per l'opera oshiiana e per l'anime Vampire Hunter D, sempre del 1985.
Se la maggior parte delle scene del film si presentano enigmatiche, lente e dal ritmo statico (anche se mai del tutto assente), le sequenze de "La caccia ai pesci", che costituiscono la parte centrale e più dinamica del lungometraggio, rappresentano anzi la massima espressione registica del cinema animato giapponese "pre-Akira", ovvero della "settima arte" animata in precedenza alle rivoluzioni tecniche e sonore portate nel medium da Katsuhiro Otomo e da Tsutomu Ohashi - pseudonimo del compositore e tecnico del suono Shoji Yamashiro - nel 1988. La sceneggiatura ermetica dell'opera è quasi completamente priva di dialoghi, accompagnata da una stupenda e melanconica colonna sonora di Yoshihiro Kanno che, seguendo i dettami atonali della musica classica contemporanea più incline all'impressionismo di natura compositiva post-seriale, in alcuni passaggi ricorda infatti l'accompagnamento sonoro del già citato capolavoro di Kubrick - in particolare Lux Aeterna, brano scritto da György Ligeti nel 1966 e celebre per i canoni polifonici adottati dal coro in esibizione.
La visione risulta molto intensa e, anche se dura soltanto 72 minuti, la ricerca della regia e i lunghissimi tempi di narrazione possono mettere a dura prova la concentrazione dello spettatore. Nonostante ciò, dopo Ghost In the Shell e Ghost In the Shell 2: Innocence (2004), Tenshi no Tamago (Angel's Egg) presenta il migliore e più ispirato operato di Mamoru Oshii nel medium dell'animazione e, trattandosi del suo primo lavoro completamente indipendente, l'astruso soggetto che espone, seppur presenti a volte lacune a livello narrativo non indifferenti, soprattutto nel corso dei suoi primi venti minuti, risulta imparagonabile a qualsiasi altro racconto animato nella storia del cinema. Se, infatti, nella seconda parte del lungometraggio il regista sviluppa un intreccio pregno di particolari sia volutamente aulici, sia profondamente personali e in parte imperscrutabili, nella prima metà punta più a descrivere gli ambienti occulti e arcani dell'opera e ad immergervi lo spettatore. L'esperienza che regala un film di tale caratura e profondità, concepito e realizzato esclusivamente per produrre arte, resta tuttora preziosa, indimenticabile, indelebile nei ricordi di chi ama il cinema più onirico e, soprattutto, simboleggia un messaggio di emancipazione culturale ed estetica trasmesso ed esternato, nella storia dell'animazione cinematografica, soltanto da poche altre gemme rarissime come Il Pianeta Selvaggio (1973) di René Laloux, Il Racconto dei Racconti (1979) di Yuriy Norshteyn e Faust (1994) di Jan Svankmajer.
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